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Internet Addiction

L’uso patologico di Internet, conosciuto comunemente come “dipendenza da Internet” o Internet Addiction, rappresenta un’area emergente delle dipendenze tecnologiche e da esperienze virtuali.  Nonostante i primi casi di un utilizzo eccessivo di Internet risalgano agli anni ’70, solo nei primi anni ’90 la letteratura medica e scientifica ha iniziato ad interessarsene in maniera più costante. Ad oggi, tuttavia, l’uso di Internet quale dipendenza patologica non rientra in alcuna categoria diagnostica né del ICD-10 (International Classification of Disease) né del DSM-IV-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), lasciando aperti numerosi dubbi e soggettività di interpretazione.

Ivan Goldberg fu il primo a coniare, nel 1995, l’espressione Internet Addiction Disorder e a proporre una serie di criteri diagnostici partendo da una riformulazione dei sintomi descritti nel DSM-IV per la dipendenza da sostanze. Qualche anno dopo, Kimberley Young (1998) propose di definire i disturbi legati all’uso di Internet come Problematic Internet Use – definizione peraltro talvolta preferita nel mondo scientifico rispetto ad Internet Addiction Disorder anche se meno diffusa nel linguaggio comune.

Ad oggi, diversi studiosi hanno elencato vari criteri necessari a porre una diagnosi di dipendenza da Internet. Riassumendoli, si ritrovano le seguenti quattro componenti:

  1. uso eccessivo – spesso associato ad una perdita del senso del tempo che passa o la dimenticanza di bisogni di base (mangiare e dormire in primis);
  2. senso di straniamento – con la manifestazione di sentimenti di rabbia, tensione e/o depressione quando il computer o Internet sono inaccessibili;
  3. tolleranza – con il bisogno di accessori sempre migliori per il computer o di un sempre maggiore tempo di utilizzo;
  4. ripercussioni negative – incluse discussioni, bugie (soprattutto riguardo al tempo passato online), isolamento sociale e scarsi risultati in ambito lavorativo e/o scolastico.

Non è rara, inoltre, la segnalazione della comparsa di comportamenti maladattivi o compulsivi per periodi transitori in soggetti che, iniziando a familiarizzare con il web, ne scoprono alcune possibilità e ne rimangono affascinati in modo estremo, tanto da sacrificare il sonno notturno, impegni e relazioni, con conseguenze negative nella vita quotidiana. Tali condizioni, definite di short addiction, tendono tuttavia a regredire spontaneamente e sono spesso criticate successivamente da soggetti stessi.

Comorbilità con altri disturbi

Diversi studi suggeriscono che l’Internet addiction è frequentemente associata ad altri disturbi di asse I e II del DSM-IV-TR. Le comorbilità più comuni si riscontrano con: disturbi dell’umore (soprattutto il disturbo bipolare), ansia, uso di sostanze e psicosi – tra i disturbi di asse I; disturbi di personalità borderline, antisociale e narcisistico – tra i disturbi di asse II. A sostegno di ciò, diversi studiosi supportano, inoltre, l’ipotesi che la dipendenza da Internet non sia altro che una manifestazione secondaria dei disturbi sopra citati e rappresenti il tentativo di auto-regolare o di evitare il senso di vuoto o le conseguenze spiacevoli che tali patologie normalmente provocano. Di certo, caratteristiche di personalità quali high novelty seeking (alta ricerca della novità – ovvero la forte propensione alla ricerca di novità ed evitamento attivo delle situazioni monotone), high harm avoidance (alto evitamento del danno – una modalità di comportamento tesa ad evitare ogni situazione che possa determinare punizione o frustrazione), e low reward dependence (bassa dipendenza dalla ricompensa – la tendenza a non rispondere a segnali di approvazione sociale, tipica di soggetti pratici, poco emotivi, non empatici, e socialmente distaccati) possono essere considerati predittori di un uso patologico di Internet negli adolescenti. Inoltre, la sovrapponibilità delle quattro componenti citate precedentemente con i criteri diagnostici del gioco d’azzardo patologico sembra evidenziare un riferimento alle caratteristiche tipiche di un deficit del controllo degli impulsi.

La condotta compulsiva e dipendente avente come oggetto l’uso della rete è spesso accompagnata da una (o più) delle altre new addiction – il che fa, quindi, pensare ad una problematica di polidipendenza; in questo caso, sicuramente rinforzata dalla facilità e dalla rapidità con le quali può essere ripetuta e protratta un’esperienza quotidiana e comune.

Tipologie di Internet addiction

Possiamo dividere le più comuni tipologie dell’uso patologico di Internet in:

1. Uso specifico – che comprende quei soggetti che dipendono da una specifica funzione di Internet.

  • Dipendenza da cyber sesso (o da sesso virtuale) – solitamente focalizzato nella ricerca di materiale pornografico in rete (immagini, giochi e video) e/o di relazioni erotiche tramite e-mail e/o chat rooms. La possibilità di utilizzare risorse audio e video nelle interazioni rende l’esperienza online più realistica e ancor più appetibile dalla presenza/assenza dell’altra persona (che c’è ma in maniera non tangibile).
  • Giochi di ruolo – il giocatore si immedesima in un personaggio, o avatar (termine sanscrito usato per indicare l’incarnazione di una divinità in un corpo umano), con il quale finisce per identificarsi e sviluppa un comportamento dipendente fino a dedicare gran parte del suo tempo al gioco, isolandosi dai rapporti interpersonali e dagli impegni quotidiani reali.
  • Gioco d’azzardo patologico online – al pari del gioco d’azzardo patologico, si inizia per caso, per divertimento, ma gradualmente il bisogno di giocare aumenta con quantità sempre crescenti di denaro e i tentativi di smettere falliscono.
  • Trading online compulsivo – ovvero l’utilizzo compulsivo della rete per effettuare transazioni borsistiche. Nonostante una certa affinità con il gioco d’azzardo online, questa forma di uso patologico di Internet è spesso sottostimata, probabilmente perché richiede conoscenze e capacità non alla portata di tutti e ha una finalità non ludica (come invece il gioco d’azzardo vero e proprio), ma simil professionale, ovvero di operazioni finanziarie e di investimento di capitali.
  • Shopping online compulsivo – ovvero comportamenti di dipendenza legati all’acquisto di oggetti tramite Internet. Questo tipo di shopping, a differenza di quello reale in negozio, permette all’acquirente di reperire facilmente e in maniera rapida qualsiasi tipo di oggetto, anche il più raro e proveniente da paesi stranieri, con la sola necessità di una carta di credito o di debito (si pensi alla semplicità e alla varietà di acquisto in siti quali Ebay o Amazon).

2. Uso generalizzato – che comporta un sovrautilizzo generale e multidimensionale della rete, non limitato a specifiche attività.

  • Information overload (dipendenza da eccessive informazioni o sovraccarico cognitivo) – si trascorrono ore e ore collegati alla rete alla ricerca continua ed estenuante di informazioni e contenuti multimediali, passando da un sito all’altro, dai grandi portali generici, a siti più specializzati e tecnici. Questa ricerca compulsiva non porta, tuttavia, a raggiungere lo scopo prefissato ma ad un sovraccarico di informazioni spesso ripetitive e inutili, a discapito del tempo da poter trascorrere in attività più proficue.
  • Dipendenza da cyber relazioni (o da relazioni virtuali) – ovvero il forte impulso a stabilire relazioni di amicizia tramite e-mail, chat rooms e social network. Le relazioni nate in rete sono spesso destinate a rimanere confinate in quell’ambito, ma riescono ad assumere un’importanza maggiore delle amicizie reali, probabilmente perché investite di un’immagine molto idealizzata di sé e dell’altro – che spesso corrisponde e soddisfa profondi bisogni affettivi. Tuttavia, sembra che nel mondo occidentale le coppie nate a seguito di un incontro virtuale siano un fenomeno socialmente rilevante e in crescente aumento: secondo una recente ricerca condotta dagli psicologi dell’Università di Rochester, negli Stati Uniti, l’online dating è la seconda modalità più comune per iniziare una relazione, dopo l’incontro tramite amici reciproci.

Conseguenze di un uso patologico di Internet

Nonostante i vantaggi che Internet ha portato nella quotidianità di ognuno, il suo uso eccessivo può avere un ampio spettro di conseguenze negative e interferire con diversi aspetti della vita di un individuo quali le relazioni interpersonali e quelle familiari, l’ambito economico, il lavoro o lo studio, il benessere psicologico e persino quello fisico. Si pensi, ad esempio, a come il gioco d’azzardo patologico online possa comportare problemi economici nella vita reale, mettere di conseguenza seriamente in crisi affetti e lavoro e, talvolta, attivare anche condotte microcriminali quali falsificazioni, frodi e/o furti. Non sono una novità, inoltre, le relazioni di coppia messe in crisi a causa dell’Internet addiction; basti pensare ai soggetti che praticano compulsivamente cybersesso, il quale può diventare gradualmente la principale fonte di gratificazione sessuale, al punto da ridurre l’interesse per il partner reale. Ancora, ricerche condotte in ambito lavorativo hanno dimostrato come la connessione libera alla rete in ufficio impoverisca i risultati lavorativi, con impiegati dediti a spendere un tempo considerevole online in attività extra-lavorative.

Un esempio estremo di uso patologico di Internet si ritrova nella sindrome di Hikikomori, espressione giapponese che significa letteralmente “mi ritiro”. Essa colpisce alcune centinaia di migliaia di adolescenti giapponesi e rappresenta uno dei principali problemi sociosanitari del Giappone. Questi ragazzi, ad un certo momento della loro vita, decidono di rinchiudersi nelle loro stanze, inaccessibili a chiunque, e di immergersi nelle realtà virtuali di Internet, TV digitale e videogiochi manga, limitando totalmente i contatti con il mondo esterno, genitori compresi (anche il cibo viene spesso ordinato via Internet) per mesi o addirittura anni. Ora, questa sindrome è, come detto precedentemente, un esempio estremo, e va ovviamente letta considerando le caratteristiche della società giapponese, fortemente competitiva per bambini e adolescenti, dove il bullismo è dilagante – e sembra essere una delle principali cause allo sviluppo dell’Hikikomori, che trova terreno fertile in soggetti che si percepiscono fragili o incapaci di tollerare le elevate quote di stress che i rapporti interpersonali e familiari richiedono.

 

Riferimenti bibliografici

Caretti V., La Barbera D. (2010) Addiction. Aspetti biologici e di ricerca, Milano: Raffaello Cortina Editore

Caretti V., La Barbera D (2005) Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia, Milano: Raffaello Cortina Editore

Chakraborty K., Basu D., Vijana Kumar K.G. (2010) Internet Addiction: Consensus, Controversies, and the Way Ahead, East Asian Arch Psychiatry, 20:123-32

Davis R.A. (2001) A cognitive-behavioral model of pathological Internet use, Computers in Human Behavior, 17:187-95

Young K.S. (1998) Caught in the net: how to recognize the signs of Internet addiction – and a winning strategy for recovery. New York: John Wiley&Sons

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