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Le benzodiazepine: amiche, nemiche, amanti

Che cosa sono le Benzodiazepine?

Le benzodiazepine (BZP), comunemente chiamate ansiolitici, rappresentano una classe di farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) con proprietà ansiolitiche (attenuano gli stati d’ansia e la tensione nervosa), ipno-inducenti (favoriscono il sonno), miorilassanti (rilassano i muscoli), anticonvulsivanti (arrestano attacchi e convulsioni) ed amnesiche (riducono la memoria a breve termine).

Pochi farmaci possono competere con le BZP in termini di efficacia, immediatezza dell’azione e bassa tossicità acuta. Se utilizzate per un breve periodo, le BZP possono infatti essere di aiuto in una vasta gamma di disturbi clinici: ad esempio, in quanto ansiolitici, sembrerebbero essere la scelta più logica nel trattamento dei disturbi d’ansia e nella fase iniziale del trattamento dei disturbi depressivi. Tuttavia, la loro somministrazione protratta nel tempo non solo non è efficace, ma presenta svariati effetti collaterali.

 

Come funzionano?

Tutte le BZP agiscono aumentando l’azione dell’acido gamma-aminobutirico (GABA), una sostanza chimica naturale del cervello. Il GABA, essendo un neurotrasmettitore inibitorio del SNC, responsabile nella regolazione dell’eccitabilità neuronale di tutto il Sistema Nervoso, ha un potere generico calmante sul cervello: esso è, in un certo senso, il tranquillante e il sonnifero naturale di cui dispone l’organismo. Le BZP, legandosi ad uno specifico recettore del GABA (il GABA-A), potenziano i suoi effetti inibitori, diminuendo la produzione nel cervello dei neurotrasmettitori eccitatori (compresi noradrenalina, serotonina, acetilcolina e dopamina); tale azione determina effetti sedativi e ansiolitici.

 

Perchè un articolo sulle Benzodiazepine?

Ho deciso di parlare delle BZP, di illustrarne gli effetti e la tipologia di consumo in Italia, poiché negli ultimi anni è incrementato notevolmente il loro uso ricreazionale, il quale sta diventando un problema sempre più grave a livello mondiale.

Le BZP in qualità di sostanze d’abuso vengono assunte solo sporadicamente da sole e più frequentemente in concomitanza con altre droghe. Un’alta proporzione dei cosiddetti polydrug users (coloro che assumono svariate droghe), infatti, consumano BZP per aumentare lo stato di eccitazione conseguente all’uso di altre sostanze e/o per alleviare i sintomi da astinenza, soprattutto da barbiturici, oppiacei, cocaina, amfetamine e alcool. Gli utilizzatori di oppiacei, in particolare, sono una categoria ad alto rischio e consumo, in quanto utilizzano le benzodiazepine per aumentare gli effetti della sostanza o come automedicazione (Vogel et al., 2013). In questo contesto di abuso, le BZP vengono assunte generalmente per via orale, spesso in dosi molto più elevate di quelle utilizzate a livello terapeutico, ma anche per via endovenosa – soprattutto per prolungare l’intensità e la durata dell’effetto degli oppiacei, con la conseguente propensione a sviluppare un alto grado di tolleranza e dipendenza, sebbene in alcuni casi siano usate in modo intermittente.

Nell’ultimo decennio, il Sistema di Allerta Rapido dell’UE per quanto riguarda le nuove sostanze psicoattive ha segnalato un numero crescente di benzodiazepine apparse sul mercato europeo, delle quali più della metà a partire dal 2015 – 14 per l’esattezza. Alcune di queste nuove benzodiazepine, come il Phenazepam, sono state approvate e vendute in pochi paesi in passato, altre possono essere trovate in letteratura, altre ancora sono nuovi composti. Queste nuove benzodiazepine sono attraenti alternative alle benzodiazepine prescrivibili per chi ne vuole fare abuso in quanto facilmente reperibili in Internet o nel mercato nero. Tuttavia, queste sostanze non sono medicinali autorizzati nell’Unione Europea, si sa ben poco in merito alla loro tossicologia e possono esporre gli utilizzatori ad alti rischi per la salute.

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Le benzodiazepine in commercio in Italia

Molte sono le benzodiazepine (BZP) disponibili in commercio, con differenze importanti per quanto riguarda la loro potenza d’azione e la velocità alla quale vengono metabolizzate nel fegato e poi eliminate dall’organismo attraverso le urine. Di seguito è riportata una classificazione delle principali BZP in uso in Italia, divise per emivita, ovvero il tempo impiegato dal farmaco a ridursi alla metà della concentrazione originale: in altre parole, si può usare il parametro dell’emivita per misurare la durata dell’effetto.

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(Fonti: EMCDDA, 2018; Rapporto OSMED, 2018; Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency, 2015)

Oltre alle BZP, sono in vendita altri farmaci ipnotici non-benzodiazepinici che esercitano gli stessi effetti sull’organismo ed hanno lo stesso meccanismo di azione delle BZP: Zaleplon (Sonata), Zolpidem (Nottem, Sonirem, Stilnox), e Zopiclone (Imovane).

 

Il consumo delle benzodiazepine in Italia

Esaminando i dati 2017 relativi al consumo di farmaci a carico del cittadino, le benzodiazepine sono la categoria a maggior acquisto, rappresentando il 18% della spesa e il 26% delle DDD della classe C con ricetta. Il consumo negli ultimi quattro anni è rimasto sostanzialmente stabile. Le benzodiazepine ad effetto ansiolitico e quelle ad effetto ipnotico rappresentano oltre il 90% del consumo della categoria e si collocano al primo e al quinto posto in termini di spesa tra le categorie di classe C (le prime in aumento del 6,9% rispetto al 2016 e le seconde dell’8,6%). Lorazepam, Alprazolam e Lormetazepam sono i tre principi attivi più prescritti, mentre Zolpidem è quello con l’incremento più elevato rispetto al 2016 (+16,5%). Inoltre tra i primi venti principi attivi a maggior spesa per i farmaci di classe C con ricetta compaiono numerosi principi attivi appartenenti a questa classe: Lorazepam, Alprazolam, Lormetazepam, Bromazepam, Delorazepam, Triazolam (dati tratti dal Rapporto OSMED, 2018). 

 

Quali sono i principali effetti collaterali delle benzodiazepine?

Gli effetti che la maggior parte delle benzodiazepine (BZP) esercita sull’organismo solitamente scompaiono entro alcune ore. Tuttavia, finché i farmaci sono presenti nel corpo, continuano ad esercitare effetti molto sottili che possono evidenziarsi durante l’assunzione continuativa o possono insorgere sotto forma di sintomi da astinenza, quando si diminuisce il dosaggio o quando si interrompe l’assunzione del farmaco.

Tra gli effetti collaterali più comuni delle BZP ritroviamo:

Eccessiva sedazione: sonnolenza, difficoltà di concentrazione, mancanza di coordinamento, debolezza muscolare, capogiri e confusione mentale; quando le BZP vengono assunte di sera per favorire il sonno, la sedazione può persistere anche il giorno successivo (in particolare se si assumono BZP ad emivita lunga). 

Danni alla memoria: deterioramento della capacità di acquisire nuove informazioni (in parte per la mancanza di concentrazione ed attenzione), deficit della memoria episodica, ovvero nel ricordo di avvenimenti recenti, delle circostanze in cui essi si sono verificati e della sequenza in cui sono accaduti (per questo motivo vengono utilizzate in modo terapeutico come premeditazione prima di operazioni chirurgiche). 

Altri effetti, conseguenti soprattutto all’assunzione prolungata, possono essere: 

Effetti stimolanti paradossali: talvolta le BZP provocano eccitamento paradossale con incremento dell’ansia, insonnia, incubi, allucinazioni nella fase iniziale del sonno, irritabilità, comportamento iperattivo o aggressivo ed un aggravamento degli attacchi nei pazienti epilettici.

Depressione e ottundimento emotivo: le BZP possono sia provocare (soprattutto in pazienti alcolisti o assuefatti da barbiturici) sia aggravare la depressione, forse in conseguenza del fatto che riducono la produzione nel cervello di neurotrasmettitori quali la serotonina e la noradrenalina. Inoltre, l’incapacità di provare piacere è un sintomo comune lamentato da coloro che fanno uso prolungato di BZP, probabilmente dovuto all’effetto inibitorio che esse svolgono sui processi nei centri ‘emotivi’ del cervello.

Tolleranza: l’assunzione prolungata sviluppa tolleranza a molti degli effetti delle BZP; la dose iniziale di farmaco a poco a poco ha meno effetto ed è necessario assumere una dose più alta per riuscire ad ottenere l’effetto iniziale. La tolleranza agli effetti ipnotici si presenta rapidamente (l’architettura del sonno e l’attività onirica ritornano ai livelli che avevano prima del trattamento dopo alcune settimane di uso continuativo di BZP), quella agli effetti ansiolitici si sviluppa invece più lentamente, portando poi a sintomi da astinenza anche senza sospendere l’assunzione.

Dipendenza: le BZP sono potenzialmente farmaci che producono assuefazione; la dipendenza psicologica e quella fisica possono instaurarsi entro alcune settimane o mesi dall’uso continuativo o ripetuto. Può svilupparsi più velocemente dipendenza (dopo uno o due mesi di utilizzo) in pazienti che assumono elevati dosaggi di BZP ad alta potenza (ad esempio, l’Alprazolam – Xanax) rispetto a quelli che assumono bassi dosaggi di BZP ad emivita lunga ma di bassa potenza (ad esempio il Clordiazepossido – Librium).

 

Effetti collaterali delle benzodiazepine negli anziani e nelle donne in gravidanza

Vi sono, inoltre, specifici effetti collaterali delle BZP in popolazioni specifiche quali gli anziani e le donne incinte.

Gli anziani sono più sensibili dei giovani agli effetti depressivi che le BZP hanno sul SNC poiché metabolizzano i farmaci in modo meno efficiente e gli effetti del farmaco durano più a lungo, con frequente accumulazione. Questi farmaci possono così causare:

  • confusione;
  • deambulazione notturna; 
  • amnesia; 
  • atassia (perdita di equilibrio); 
  • effetti tipici della ‘sbornia’;
  • ‘pseudodemenza’ (effetti talvolta attribuiti erroneamente alla malattia di Alzheimer).

Per quanto riguarda gli effetti indesiderati delle BZP durante la gravidanza, è importante sottolineare che le BZP attraversano la barriera della placenta e se vengono assunte in modo continuativo durante il primo trimestre di gravidanza, anche in dosi terapeutiche, possono intaccare la crescita fetale intrauterina e ritardare lo sviluppo cerebrale del feto. Se assunte nell’ultima parte della gravidanza, invece, possono causare complicazioni nel neonato (ad esempio, causare la ‘floppy infant syndrome’ nelle prime settimane di vita, con mancanza di tono muscolare, eccessiva sedazione ed incapacità di succhiare).

 

Quali sono i sintomi da astinenza dalle BZP?

Si è già detto che alcune persone che assumono BZP da molto tempo possono sviluppare sintomi da astinenza anche quando sono ancora sotto cura e continuano l’assunzione delle stesse. Tuttavia, le persone che solitamente manifestano sintomi severi di astinenza da BZP sono coloro che hanno ridotto troppo velocemente la dose del farmaco, dopo averlo assunto costantemente anche per pochi mesi. 

La mancanza di spiegazioni su questi sintomi spesso aumenta lo stato di tensione e suscita molte paure (un pensiero comune è: “Sto diventando matto?”) che aumentano la severità dei sintomi, instaurando spesso circoli viziosi disfunzionali. In generale, le reazioni da astinenza consistono in un’immagine speculare degli effetti iniziali del farmaco, poiché rimangono bruscamente scoperti i meccanismi di adattamento che hanno avuto luogo nel Sistema Nervoso in risposta alla presenza cronica del farmaco. Di conseguenza, quasi tutti i sintomi acuti provocati dall’astinenza sono quelli legati all’ansia: nervosismo, irrequietezza, disturbi del sonno, attacchi di panico, agorafobia, depersonalizzazione, derealizzazione, allucinazioni e/o percezioni distorte, mancanza di attenzione e concentrazione, ricordi intrusivi, pensieri ossessivi e/o paranoici (sintomi psicologici); mal di testa, tensioni muscolari, palpitazioni, intorpidimento, spossatezza, tremori, capogiri, sensazione di svenimento, equilibrio imperfetto, acufeni, ipersensibilità, disturbi gastrointestinali, eccessiva sudorazione, secchezza delle fauci, percezione inusuale di odori e sapori (sintomi fisici). 

 

REFERENCES

Ashton C.H. (2002) Benzodiazepines: How They Work and How to Withdraw. Disponibile su: http://www.benzo.org.uk/manual/contents.htm

EMCDDA (2011) Benzodiazepines, Drug Profiles. Disponibile su: http://www.emcdda.europa.eu/publications/drug-profiles/benzodiazepine 

EMCDDA (2018) The misuse of benzodiazepines among high-risk opioid, Perspectives On Drugs. Disponibile online:  emcdda.europa.eu/topics/pods/benzodiazepines

Longo L.P., Johnson B. (2000) Addiction: Part I. Benzodiazepines – Side Effects, Abuse Risk and Alternatives, American Family Physician, 61(7): 2121-8

National Institute on Drug Abuse (2009) NIDA InfoFacts: Prescription and over-the-counter medications. Disponibile su: http://www.drugabuse.gov/Infofacts/PainMed.html

Rapporto OSMED (2018) L’uso dei Farmaci in Italia. Rapporto Nazionale anno 2017, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma. Disponibile su: http://www.agenziafarmaco.it

Substance Abuse and Mental Health Services Administration (2011) The TEDS Report: Substance Abuse Treatment Admissions for Abuse of Benzodiazepines, Rockville,MD. Disponibile su: http://oas.samhsa.gov

Vogel, M., Knop i, B., Schmid, O., et al. (2013), ‘Treatment or “high”: benzodiazepine use in patients on injectable heroin or oral opioids’, Addictive Behaviors 38, pp. 2477–84.

 

Mindfulness: la meditazione del XXI secolo

Ripropongo un mio vecchio articolo, sempre attuale – ma con numeri in crescita a distanza di tutti questi anni.

Avete mai provato a digitare “meditazione mindfulness” in Google? Di meditazione e mindfulness si parla talmente tanto negli ultimi anni che compariranno circa 25.000 risultati, che arriveranno fino a circa 7.130.000 digitando solo “mindfulness”. Una cifra esorbitante, a cui fanno seguito numerose domande, soprattutto riguardo gli innumerevoli benefici che sembra si possano trarre dalla meditazione. Ci aiuta ad essere meno stressati? A ridurre il dolore? A pensare più chiaramente? Ad impedirci di mangiare troppo? Beh, potremmo rispondere positivamente ad ognuna di queste domande, ma potrebbero risultarne anche altri effetti. Potremmo scoprire che la meditazione ci porta a mettere in discussione carriera e relazioni, ci apre ad ondate di rabbia, delusione, dubbio, nostalgia o rimpianto che non avevamo mai sperimentato in precedenza. Naturalmente, non possiamo essere sicuri che questi effetti si verificheranno con certezza; quel che è certo è che la meditazione apporterà un cambiamento.

Molte persone si avvicinano alla meditazione dopo aver letto libri e/o articoli sulle virtù benefiche della mindfulness. La scorsa settimana è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian (www.guardian.co.uk) un articolo che sostiene che la meditazione possa scongiurare l’invecchiamento (Pagnoni e Cekic, 2007) e uno che suggerisce che i meditatori prendano decisioni più razionali (Kirk, Downar e Montague, 2011). Inoltre, un mese fa la mindfulness è stata dichiarata più efficace della morfina nell’alleviare il dolore (Zeidan et al., 2011); secondo alcuni autori è in grado di aumentare la materia grigia nel cervello (Hölzelab, Carmodyc, Vangela, Congletona, Yerramsettia, Gardab e Lazara, 2011), di attenuare la paura di morire (Niemiec, Warren Brown, Kashdan, Cozzolino, Breen, Levesque-Bristol e Ryan, 2010) e di aiutare le truppe dell’esercito americano ad operare efficacemente in guerra, proteggendo i soldati dallo stress post-traumatico (Follette e Vijay, 2009). Sono, inoltre, in continua pubblicazione libri che sponsorizzano la meditazione come un efficace via per raggiungere il benessere (di recentissima uscita è, ad esempio, ‘Mindfulness: A Practical Guide to Finding Peace in a Frantic World’ di M. Williams e D. Penman, ed. Piatkus Books). Tutto questo materiale è realmente utile, ma allo stesso tempo può dare l’impressione che la meditazione sia la panacea di tutti i mali della vita e che, solo sedendosi e seguendo consapevolmente il respiro, i problemi e il dolore se ne andranno. Se dieci o vent’anni fa la meditazione veniva immeritatamente associata all’onda new age, oggi c’è il pericolo di un’altra immagine inutile: quella della mindfulness come soluzione rapida ai problemi mentali e fisici. Tutti coloro che praticano realmente la meditazione sanno che questa è solo un’immagine dettata dal marketing. Il grosso rischio oggigiorno è che l’insegnamento di una pratica spirituale ricca e impegnativa come la mindfulness venga ridotta ad uno stile di vita “facile e leggero”, certamente più appetibile al nostro gusto culturale ma in netta contrapposizione con il suo significato originale.

Descrivendo solo i risultati positivi della meditazione si rischia di trasmettere una descrizione parziale del percorso che invece implica l’essere presenti, intenzionalmente e in maniera non giudicante, in ogni aspetto della vita – così come Jon Kabat-Zinn definisce la mindfulness in ‘FullCatastrophe Living’ (1990). Spesso, nel corso delle nostre giornate, cerchiamo di evitare gli aspetti indesiderati di noi stessi e della nostra vita, con il risultato di creare un ulteriore stress fisico ed emotivo; al contrario, affrontandoli apertamente durante la meditazione, avremo la possibilità di relazionarci più abilmente, con fiducia e compassione, alla sofferenza. Questo significherà sperimentare e “fare amicizia” con tristezza, rabbia, dolore fisico, etc.

Ritengo, infine, importante sottolineare che la meditazione è un lavoro profondo e con un esito incerto in cui vale la pena immergersi, ma non è né semplice né confortevole. Il termine Pali per designare questo processo di attenzione consapevole è Kammatthanao “il lavoro a portata di mano”: molte persone vedono la meditazione come la semplice osservazione passiva di quello che ci passa per la testa, piacevole o spiacevole, buono o cattivo. Tuttavia, i testi Pali non supportano questa lettura. Il meditatore è certamente incoraggiato ad osservare i suoi stati mentali, ma con la chiara comprensione che quelli malsani (cioè quelli legati alla sofferenza) devono essere identificati e abbandonati. E questo “abbandono” è un processo attivo, che non a caso Buddha spesso spiegava con metafore di combattimenti, disgusto, o noncuranza intenzionale.

 

REFERENCES

Pagnoni G., Cekic M. (2007). Age effects on gray matter volume and attentional performance in Zen meditation. Neurobiology of Ageing, 28 (10): 1623-1627.

Kirk U., Downar J., Montague P.R. (2011). Interoception drives increased rational decision-making in meditators playing the ultimatum game. Front. Neurosci.5(49). DOI: 10.3389/fnins.2011.00049.

Zeidan F. et al. (2011). Brain Mechanisms Supporting the Modulation of Pain by Mindfulness Meditation. The Journal of Neuroscience, 31 (14): 5540-5548.

Hölzelab B.K., Carmodyc J., Vangela M., Congletona C., Yerramsettia S.M., Gardab T., Lazara S.W. (2011). Mindfulness practice leads to increases in regional brain gray matter density. Psychiatry Research: Neuroimaging, 191 (1): 36–43.

Niemiec C.P., Warren Brown K., Kashdan T.B., Cozzolino P.J., Breen W.E., Levesque-Bristol C., Ryan R.M. (2010). Being present in the face of existential threat: The role of trait mindfulness in reducing defensive responses to mortality salience.Journal of Personality and Social Psychology, 99 (2): 344 DOI: 10.1037/a0019388

Follette V.M., Vijay A. (2009). Mindfulness for trauma and posttraumatic stress disorder. In F. Didonna (Ed.), Clinical handbook of mindfulness(pp. 299-317). New York: Springer Science + Business Media.

 

PSYCHOTHERAPY FOR FOREIGNERS

Who I am

I am a chartered Clinical Psychologist and a Cognitive Behavioural Therapist.

I obtained my Clinical Psychologist degree from the University of Milano Bicocca in Milan, and I qualified as CBT Therapist at the A.T. Beck Institute in Rome.

I am currently working at the Centre for Metacognitive Interpersonal Therapy in Rome.

Here is my CV

What I do

I offer mental health services for English-speaking clients:

  • Psychotherapy (for individuals, couples and groups) based mainly on Cognitive Behavioural Therapy (CBT), Metacognitive Interpersonal Therapy (MIT), and Mindfulness
  • Psychological assessment for adults
  • Psychological counselling
  • Tailored interventions for individuals and groups

I provide assessment and treatment for a wide range of psychological difficulties. They include mostly all the spectrum of anxiety disorders, mood disorders (such as bipolar and depression), relational difficulties, emotional dysregulation or/and overregulation, addictions, and personality disorders.

Contact info

Please feel welcome to get in touch if you would like to find out more about my services, to have more information about a specific topic, or to set up an appointment.

Phone: +39 393 1263940

Email: m.pasinetti@pillolepsicologiche.com

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Addiction e Disturbi di Personalità: il trattamento con la Terapia Metacognitiva Interpersonale ~ 3a Edizione

Venerdì 31 Marzo e Sabato 1 Aprile 2016 – Corso ECM di due giornate – c/o Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Roma

3a EDIZIONE

Il complesso e affascinante rapporto che esiste tra personalità e dipendenza ha da sempre stimolato l’interesse dei clinici e dei ricercatori. Ad oggi, sono estremamente numerose le ricerche che evidenziano quanto uno o più disturbi di personalità si intreccino con abuso e/o dipendenza da sostanze nella stessa persona, creando quadri clinici complessi e spesso difficili da diagnosticare e gestire. Questa comorbilità ha, infatti, importanti ripercussioni prognostiche condizionando negativamente la risposta ai trattamenti (farmacologici e psicoterapici) e aumentando l’incidenza di ricadute in questi pazienti.

Attualmente le dipendenze principali e maggiormente conosciute sono quelle relative alle sostanze, ma nella pratica clinica vengono riscontrate sempre più spesso le cosiddette new addiction o dipendenze comportamentali, in cui l’oggetto della dipendenza è un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata (es. fare acquisti, navigare in Internet, fare sesso, giocare o tentare la fortuna, ecc.), che possono determinare conseguenze negative devastanti nella vita di chi ne è affetto.

Malgrado la complessità di tali quadri clinici, una corretta comprensione del caso permette di:

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Il corso si struttura in due giornate da otto ore ciascuna.

Nelle due giornate saranno affrontati gli aspetti di personalità legati all’uso/abuso di sostanze e alle new addiction o dipendenze comportamentali con la spiegazione delle comorbilità e delle peculiarità di queste dipendenze patologiche; i correlati neurobiologici e i meccanismi d’azione delle diverse sostanze, comprese le nuove droghe. Sarà inoltre presentato il trattamento di questa tipologia di pazienti con la Terapia Metacognitiva Interpersonale, anche con il supporto di casi clinici.

Il corso è aperto a Psicologi, Psicoterapeuti e Medici Psichiatri, per i quali saranno rilasciati 10 Crediti ECM. Professionisti appartenenti ad altre discipline fossero interessati a partecipare, possono farlo ma senza l’acquisizione di Crediti ECM.

Il corso è a numero chiuso e prevede un massimo di 20 partecipanti.

Costi:

  • NON ECM: 150€ +IVA 22%
  • ECM entro il 31/1/2017: 230€ +IVA 22%
  • ECM dopo il 1/2/2016: 280€ +IVA 22%

Per ulteriori informazioni o per effettuare l’iscrizione si prega di contattare la segreteria del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale.

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