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Articoli dalla categoria ‘Mindfulness’

Mindfulness: la meditazione del XXI secolo

Ripropongo un mio vecchio articolo, sempre attuale – ma con numeri in crescita a distanza di tutti questi anni.

Avete mai provato a digitare “meditazione mindfulness” in Google? Di meditazione e mindfulness si parla talmente tanto negli ultimi anni che compariranno circa 25.000 risultati, che arriveranno fino a circa 7.130.000 digitando solo “mindfulness”. Una cifra esorbitante, a cui fanno seguito numerose domande, soprattutto riguardo gli innumerevoli benefici che sembra si possano trarre dalla meditazione. Ci aiuta ad essere meno stressati? A ridurre il dolore? A pensare più chiaramente? Ad impedirci di mangiare troppo? Beh, potremmo rispondere positivamente ad ognuna di queste domande, ma potrebbero risultarne anche altri effetti. Potremmo scoprire che la meditazione ci porta a mettere in discussione carriera e relazioni, ci apre ad ondate di rabbia, delusione, dubbio, nostalgia o rimpianto che non avevamo mai sperimentato in precedenza. Naturalmente, non possiamo essere sicuri che questi effetti si verificheranno con certezza; quel che è certo è che la meditazione apporterà un cambiamento.

Molte persone si avvicinano alla meditazione dopo aver letto libri e/o articoli sulle virtù benefiche della mindfulness. La scorsa settimana è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian (www.guardian.co.uk) un articolo che sostiene che la meditazione possa scongiurare l’invecchiamento (Pagnoni e Cekic, 2007) e uno che suggerisce che i meditatori prendano decisioni più razionali (Kirk, Downar e Montague, 2011). Inoltre, un mese fa la mindfulness è stata dichiarata più efficace della morfina nell’alleviare il dolore (Zeidan et al., 2011); secondo alcuni autori è in grado di aumentare la materia grigia nel cervello (Hölzelab, Carmodyc, Vangela, Congletona, Yerramsettia, Gardab e Lazara, 2011), di attenuare la paura di morire (Niemiec, Warren Brown, Kashdan, Cozzolino, Breen, Levesque-Bristol e Ryan, 2010) e di aiutare le truppe dell’esercito americano ad operare efficacemente in guerra, proteggendo i soldati dallo stress post-traumatico (Follette e Vijay, 2009). Sono, inoltre, in continua pubblicazione libri che sponsorizzano la meditazione come un efficace via per raggiungere il benessere (di recentissima uscita è, ad esempio, ‘Mindfulness: A Practical Guide to Finding Peace in a Frantic World’ di M. Williams e D. Penman, ed. Piatkus Books). Tutto questo materiale è realmente utile, ma allo stesso tempo può dare l’impressione che la meditazione sia la panacea di tutti i mali della vita e che, solo sedendosi e seguendo consapevolmente il respiro, i problemi e il dolore se ne andranno. Se dieci o vent’anni fa la meditazione veniva immeritatamente associata all’onda new age, oggi c’è il pericolo di un’altra immagine inutile: quella della mindfulness come soluzione rapida ai problemi mentali e fisici. Tutti coloro che praticano realmente la meditazione sanno che questa è solo un’immagine dettata dal marketing. Il grosso rischio oggigiorno è che l’insegnamento di una pratica spirituale ricca e impegnativa come la mindfulness venga ridotta ad uno stile di vita “facile e leggero”, certamente più appetibile al nostro gusto culturale ma in netta contrapposizione con il suo significato originale.

Descrivendo solo i risultati positivi della meditazione si rischia di trasmettere una descrizione parziale del percorso che invece implica l’essere presenti, intenzionalmente e in maniera non giudicante, in ogni aspetto della vita – così come Jon Kabat-Zinn definisce la mindfulness in ‘FullCatastrophe Living’ (1990). Spesso, nel corso delle nostre giornate, cerchiamo di evitare gli aspetti indesiderati di noi stessi e della nostra vita, con il risultato di creare un ulteriore stress fisico ed emotivo; al contrario, affrontandoli apertamente durante la meditazione, avremo la possibilità di relazionarci più abilmente, con fiducia e compassione, alla sofferenza. Questo significherà sperimentare e “fare amicizia” con tristezza, rabbia, dolore fisico, etc.

Ritengo, infine, importante sottolineare che la meditazione è un lavoro profondo e con un esito incerto in cui vale la pena immergersi, ma non è né semplice né confortevole. Il termine Pali per designare questo processo di attenzione consapevole è Kammatthanao “il lavoro a portata di mano”: molte persone vedono la meditazione come la semplice osservazione passiva di quello che ci passa per la testa, piacevole o spiacevole, buono o cattivo. Tuttavia, i testi Pali non supportano questa lettura. Il meditatore è certamente incoraggiato ad osservare i suoi stati mentali, ma con la chiara comprensione che quelli malsani (cioè quelli legati alla sofferenza) devono essere identificati e abbandonati. E questo “abbandono” è un processo attivo, che non a caso Buddha spesso spiegava con metafore di combattimenti, disgusto, o noncuranza intenzionale.

 

REFERENCES

Pagnoni G., Cekic M. (2007). Age effects on gray matter volume and attentional performance in Zen meditation. Neurobiology of Ageing, 28 (10): 1623-1627.

Kirk U., Downar J., Montague P.R. (2011). Interoception drives increased rational decision-making in meditators playing the ultimatum game. Front. Neurosci.5(49). DOI: 10.3389/fnins.2011.00049.

Zeidan F. et al. (2011). Brain Mechanisms Supporting the Modulation of Pain by Mindfulness Meditation. The Journal of Neuroscience, 31 (14): 5540-5548.

Hölzelab B.K., Carmodyc J., Vangela M., Congletona C., Yerramsettia S.M., Gardab T., Lazara S.W. (2011). Mindfulness practice leads to increases in regional brain gray matter density. Psychiatry Research: Neuroimaging, 191 (1): 36–43.

Niemiec C.P., Warren Brown K., Kashdan T.B., Cozzolino P.J., Breen W.E., Levesque-Bristol C., Ryan R.M. (2010). Being present in the face of existential threat: The role of trait mindfulness in reducing defensive responses to mortality salience.Journal of Personality and Social Psychology, 99 (2): 344 DOI: 10.1037/a0019388

Follette V.M., Vijay A. (2009). Mindfulness for trauma and posttraumatic stress disorder. In F. Didonna (Ed.), Clinical handbook of mindfulness(pp. 299-317). New York: Springer Science + Business Media.

 

Due vasi ~ storiella zen

Un’anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulle spalle.
Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l’altro era perfetto, ed era sempre pieno d’acqua alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, mentre quello crepato arrivava mezzo vuoto.
Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d’acqua.

Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati. Ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto.

Dopo due anni che si rendeva conto del proprio amaro fallimento, un giorno parlò alla donna lungo il cammino:
“Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l’acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa”.

La vecchia sorrise:
“Ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero, ma non dalla parte dell’altro vaso? È perché io ho sempre saputo del tuo difetto, perciò ho piantato semi di fiori dal tuo lato del sentiero ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi.
Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola. Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa”.
Ognuno di noi ha il proprio specifico difetto. Ma sono la crepa e il difetto che ognuno ha a far sì che la nostra convivenza sia interessante e gratificante.
Bisogna prendere ciascuno per quello che è e vedere ciò che c’è di buono in lui.
Tratto da: http://ilsaggiolibro.it/due-vasi-storiella-zen/

Love… Actually

Alcuni suggerimenti mindful (di consapevolezza) sull’amore – giusto in tempo per San Valentino.

 

Illustration by Gavin Potenza

Illustration by Gavin Potenza

 

Ok, forse – come me – non siete tipi da San Valentino, ma se negli Stati Uniti vengono spesi 18 milliardi di $ ogni Febbraio in fiori, cioccolatini, regali e ristoranti, qualcuno evidentemente lo è.

Comunque… Perché non utilizzare questa occasione per festeggiare realmente l’amore?

Di seguito trovate qualche suggerimento per dire ‘Ti amo’ durante questo mese d’amore senza dover utilizzare la carta di credito.

Ascolta — ascolta veramente — il tuo partner. Questo significa offrirgli la tua più totale attenzione sinceramente interessata, come sottolineano gli esperti di comunicazione consapevole Hope Martin e David Rome. Prenditi il tempo per capire completamente quello che sta dicendo. Il linguaggio del corpo, la scelta delle parole, il tono della voce – resterai sorpreso di quanto puoi esserti perso finora.

Offrigli/le la tua presenza totale quando siete insieme. Non guardare il cellulare. Resisti alla tentazione di lamentarti del lavoro. Scivolare nella solita dinamica del pilota automatico  tu-fai-così/io-faccio-colì — non è divertente e può intaccare qualsiasi relazione, dice Marsha Lucas, neuropsicologa e autrice di Rewire Your Brain for Love.

Valorizza le piccole cose che il tuo partner fa per te  e fai qualcosa per ricambiare. Il coach relazionale Josh Wise suggerisce ai due partner di fare un ulteriore passo avanti: discutere delle gentilezze che ricevono l’uno l’altro ed esprimere come queste li fanno sentire.

Empatia. È l’ingrediente necessario per coltivare relazioni sane di tutti i tipi. Secondo quanto dice Ronald Siegel in  The Mindfulness Solution: “Quando riusciamo a stare veramente con qualcuno ed entrare in empatia con la sua esperienza, anche quando è dolorosa, il rapporto diviene più profondo.”

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Articolo tratto e adattato dal numero di Febbraio 2014 di Mindful Magazine [www.mindful.org/mindful-magazine/love-actually]

 

Mindfulness, Alessitimia e Self-differentiation nei Disturbi di Personalità

Nel corso degli ultimi anni stiamo assistendo ad un crescente interesse da parte del mondo scientifico all’influenza della mindfulness nella regolazione emotiva (Linehan, 1993), la riduzione dello stress (Kabat-Zinn, 1990) e nel trattamento di popolazioni cliniche (Baer, 2003; Segal et al, 2002).

Ancora pochi studi però si sono interessati, ad oggi, della relazione tra mindfulness, capacità di “self-differentiation” e alessitimia.

Il costrutto di self-differentiation può essere descritto a livello intrapsichico e interpersonale. Parlando di differenziazione ci si può innanzitutto riferire alla capacità di poter ragionare sui propri stati mentali e di assumere da essi distanza critica, ovvero considerare che le proprie idee su di sé e gli altri sono soggettive e che le cose potrebbero essere diverse  viste da un’altra angolatura (Dimaggio e Lysaker, 2011; Dimaggio et al., 2013).

A livello interpersonale, la self-differentiation si riferisce alla capacità di mantenere presenti se stessi e i propri stati emotivi mentre si è coinvolti nell’interazione con altri (Bowen, 1978). Una scarsa self-differentiation si manifesta nell’incapacità di autoregolazione emotiva e in una forte reattività e impulsività interpersonale. Individui con scarsa capacità di differenziazione del sé sono meno flessibili e capaci di adattarsi in condizioni di stress, in quanto meno abili nel moderare l’arousal emotivo derivante da tali situazioni (Skowron et al., 2004).

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State of mind

Testo completo consultabile online su State of Mind – Il giornale delle scienze psicologiche